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Il termine masseria ha un significato molto ampio ed individua tutte le forme di insediamento sulla campagna, anche quando si tratta di modesti fabbricati appena provvisti di qualche recinto per gli animali.


Ricondotto, invece, al significato originario ed al concetto di massa, il termine masseria trova riscontro soltanto in quelle strutture  più complesse nell’habitat rurale facenti parte dell’insieme dei fondi rustici comunemente affidati al governo di un massaro. In epoca medievale la massa rappresentava l’insieme di alcuni immobili (costruzioni rustiche, terreni di varia natura, ecc.) appartenenti al padrone e da questi concessi ad un amministratore o massaro che aveva il compito di sovrintendere al lavoro dei campi e alla manodopera che veniva ingaggiata durante le diverse stagioni.
Una grossa proprietà, quindi, facente parte degli ingenti patrimoni dei signori feudali, della chiesa e delle abbazie medievali.
Con l’avvento dei Normanni e soprattutto per iniziativa degli ordini religiosi, in Puglia il fenomeno delle masserie si concretizzò in vari sistemi di conduzione dei campi, delle diverse utilizzazioni del suolo e delle attività che in essi si svolgevano. Sono, infatti, masserie di campo, masserie di pascolo e masserie miste, a seconda che in esse si praticassero prevalentemente la cerealicoltura, la pastorizia o entrambe le attività,
Ciò che risalta maggiormente in molte masserie è, però, l’aspetto di piccoli fortilizi. Sono, infatti, le masserie fortificate che con la loro mole massiccia incidono marcatamente sul paesaggio rurale.
La parte estrema dell’Italia meridionale è stata sempre un territorio di frontiera dove i sistemi insediativi e le forme abitative hanno risentito  non poco della necessità di difendersi e dell’urgenza di sbarrare la strada ai numerosi assalitori, in particolare i Turchi. I Turchi, infatti, non limitarono la loro incursione alla sola fascia litorale, ma spesso si spinsero molto all’interno.
Per evitare lo spopolamento delle campagne, in un periodo di congiuntura favorevole per l’economia agricola, furono realizzate opere di difesa per tenere sicuri i contadini e i beni delle masserie. Fu proprio verso la fine del Cinquecento e poi nel Seicento, come documentano alcune masserie datate, che si sviluppò maggiormente il fenomeno delle masserie fortificate.
Fabbricati massicci, quasi sempre privi di elementi decorativi. Caditoie, piombatoi e garitte angolari avvicinano questi edifici più ad un’opera di difesa che a un luogo di vita e di lavoro. Intorno all’edificio centrale si dispongono le stalle, i fienili, gli ovili e altro.
Segue la piramide sociale della comunità di una masseria.
Al suo vertice vi era il padrone, “lu jalandomme”, il galantuomo, che per lo più dimorava in paese, e si recava alla masseria nei mesi estivi per la villeggiatura, stabilendosi al piano superiore del fabbricato, ampio , ricco di stanze, aerato, signorile e confortevole.
Al di sotto vi era il massaro, la persona che rappresentava genericamente il capo della famiglia colonica e godeva di una considerazione particolare, non era, infatti, considerato il servo del padrone della “massa”, bensì titolare di diritto sul fondo e, come tale, lo seguiva anche quando passava da un proprietario all’altro. Rappresentava il fattore che conduceva ed era responsabile dell’intera azienda. Vi si trasferiva insieme alla moglie e i figli e abitava al piano terra in un fabbricato che aveva dignità di casa.
Al di sotto del massaro vi erano i bifolchi, i cosiddetti “ualani”, addetti alla terra, all’aratura, alla semina, alla mietitura, ai lavori nel vigneto, nell’oliveto, nel frutteto e negli orti.
Più sotto ancora i pastori addetti al bestiame. Gli ultimi della scala sociale erano i pastorelli: i subalterni del pastore, veri e propri schiavi. I “ualani” a volte avevano famiglia e abitavano in casupole o case di secondo rango, disposte comunque all’interno del recinto alto. I pastori erano per lo più del tutto soli e abitavano in qualche angolo adattato tra le stalle degli animali.
A fine Settecento scompare l’incubo dei Turchi, si realizzano edifici più eleganti destinati ad alloggio stagionale dei proprietari. Nasce così la Masseria-Villa o Masseria-Casino, una tipologia edilizia dell’ambiente rurale che ha interessato i terreni più fertili e le campagne dell’immdiata periferia dei centri pugliesi più importanti come Fasano, Ostuni, Monopoli, Martina Franca, Nardò e così via.
Molte masserie negli ultimi anni hanno mutato la loro vocazione naturale. Quelle che sono aziende esclusivamente agricole circondate da una natura generosa, votate all’allevamento e alla produzione dell’olio, dei formaggi, oggi sono vere e proprie strutture ricettive o case private di campagna.
In considerazione delle profonde trasformazioni della nostra società non era presumibile che tutte potessero mantenere una vocazione agricola; ma non è pure presumibile una trasformazione generalizzata in strutture ricettive.
Il rischio al quale le masserie vanno incontro più di frequente è quello di una accelerazione dell’attività speculativa. Se, infatti, negli anni del turismo balneare un interesse sfrenato ha provocato la saturazione degli spazi lungo la costa, ora il fronte si è spostato nelle campagne e le strutture ambite, insieme a Ville e Casini, sono proprio le masserie. Spetta all’intera comunità e a quanti le abitano e frequentano assumersi il compito di vigile sentinella affinché questi luoghi, pure nell’inevitabile processo di trasformazione, non siano privati del loro carattere e della loro essenziale bellezza.
Attraverso l’esame di un’antica piantina si può meglio comprendere la struttura e la disposizione dei vari elementi che la componevano.
La masseria presa in esame è la masseria fortificata Rialbo di Sopra del territorio di Ostuni, zona marina.
E’ una delle masserie più antiche dell’agro ostunese, una tela nella chiesetta sita all’interno del secondo cortile ci offre la data della costruzione: 1578.
E’ una masseria fortificata, ha importanti strutture difensive, un ponte levatoio, piombatoi, caditoie, muri alti e tre corpi di fabbrica esistenti nei due vasti cortili.
L’ingresso principale ci dà l’idea precisa di una masseria-fortezza, nel muro perimetrale si notano: un corridoio sul quale stazionavano le vedette e una caditoia adatta alla difesa. Un po’ al di sotto, ma in simmetria, è incastonato lo stemma dei Palmieri.
Nel secondo cortile esiste un trappeto ipogeo. Sia nel primo che nel secondo cortile esistono stalle per bovini, equini e ovini, capannoni per le attrezzature agricole e magazzini per la conservazione dei cereali e dei foraggi.. Nel pomario adiacente alla masseria, ricco di piante fruttifere e di agrumi, c’è un acquaro con un antico sistema irriguo. Inoltre, sempre nell’agrumeto sul lato posteriore e lungo il muro perimetrale troviamo la piccionaia. Questi due ultimi elementi, agrumeto e piccionaia, li troviamo in quasi tutte le antiche masserie.
La piccionaia è elemento di primaria importanza per la produzione della carne di piccione. Il piccione veniva definito l’animale che produceva “la carne del povero”.